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Nuclear Astrophysics with innovative sources

Lo studio della nucleosintesi degli elementi presenti sulla terra e, in generale, nell’universo, è un ambito di ricerca fondamentale finalizzato alla comprensione dei meccanismi di produzione dei diversi elementi, sia quelli più leggeri (idrogeno, deuterio, elio, litio), creati durante la Big Bang Nucleosynthesis, sia quelli più pesanti, sintetizzati nei nuclei delle stelle o in fasi specifiche dell’evoluzione stellare. La linea di ricerca si prefigge lo studio e la misura dei processi nucleari che partecipano alla formazione degli elementi in ambito astrofisico, estendendo le misure delle sezioni d’urto dei processi nucleari di rilievo – fino ad oggi misurati principalmente in laboratorio, con gli elementi in forma neutra – all’ambiente di plasma, dove gli elementi compaiono nella loro forma ionizzata. Quest’ultimo scenario riproduce più accuratamente, infatti, l’ambiente stellare in cui i processi avvengono in natura, e permette una stima più realistica dei parametri di interesse.

Gli elementi presenti sulla terra e le relative abbondanze rappresentano un’osservabile di rilievo nell’ambito della fisica fondamentale. I nuclei degli elementi che popolano la tavola periodica sono stati prodotti in diverse fasi: quelli più leggeri (idrogeno, deuterio, elio, litio) durante la cosiddetta Big Bang Nucleosynthesis, che ha avuto luogo entro pochi minuti dal Big Bang e che, in un processo di espansione e raffreddamento, ha portato alla transizione dai gradi di libertà elementari – i quark e i gluoni – a gradi di libertà più complessi, quali i nucleoni e, combinando questi ultimi, ai nuclei leggeri.

La successiva fase di sintesi, che ha prodotto gli elementi fino al ferro, ha invece luogo all’interno del nucleo stellare, dove le condizioni termodinamiche permettono di raggiungere stati di densità ed energia tali da superare la barriera Coulombiana e dare luogo al processo di fusione. Quest’ultimo risulta energeticamente favorito fino al ferro; dopo tale elemento l’energia di legame tende invece a diminuire con il numero atomico e il processo di fusione non è più spontaneo.

La sintesi degli elementi oltre il ferro avviene quindi attraverso processi diversi, basati sulla cattura neutronica da parte di nuclei pesanti. Aggiungendo un neutrone a un nucleo atomico, infatti, si prospettano due differenti esiti: se il decadimento beta del nucleo prodotto è meno probabile di un’ulteriore cattura neutronica l’elemento tenderà a formare un isotopo più pesante catturando un ulteriore neutrone, ma mantenendo invariate le proprietà elettromagnetiche. Se, al contrario, il nucleo decade per decadimento beta, uno dei neutroni si trasformerà in un protone, incrementando il numero atomico e trasformando l’elemento di partenza nel successivo della tavola periodica.

La fisica nucleare svolge quindi un ruolo fondamentale nello studio delle abbondanze relative degli elementi dell’universo: una accurata misura delle sezioni d’urto per i processi di fusione, di cattura neutronica e delle vite medie per decadimento beta risulta strategica per valutare la competizione tra i possibili processi e stimare quale di essi avrà luogo.

Ad oggi, sono presenti misure di sezioni d’urto e vite medie realizzate con elementi neutri. Tuttavia, nell’ambiente stellare gli elementi compaiono in forma ionizzata – ovvero con il nucleo spoglio, non più circondato dalla nube elettronica – e per produrre modelli realistici dei fenomeni che avvengono in ambiente stellare è necessario tenere conto dello stato di ionizzazione dell’elemento. È stato infatti predetto – e osservato in esperimenti sugli anelli di accumulazione – che le vite medie per decadimento beta cambiano significativamente nel caso l’elemento in esame sia ionizzato: l’assenza degli elettroni nelle orbite atomiche ampia, infatti, lo spazio delle fasi raggiungibile dall’elettrone proveniente dal decadimento beta del neutrone, che non deve più raggiungere necessariamente il continuo – ovvero abbandonare il sistema atomico – ma può andare ad occupare gli orbitali liberi dell’atomo (Takahashi et al. 1987, Phys Rev C36 (1987) 1522, Takahashi and Yokoi, Nucl. Phys. A404 (1983) 578). Allo stesso tempo, la misura delle sezioni d’urto dei processi di fusione sembra essere influenzata dall’electron screening, e quindi l’assenza della nube elettronica potrebbe alterare il potenziale elettromagnetico che si instaura tra i due nuclei protagonisti del processo di fusione.

Alla luce delle precedenti considerazioni, il progetto si prefigge di delineare una campagna sperimentale volta alla misura dei processi di fusione e delle vite medie per decadimento beta in ambiente ionizzato. Quest’ultimo può essere creato attraverso un laser ad alta intensità, che raggiungendo un bersaglio composto dall’isotopo da analizzare produce un’immediata ionizzazione dello stesso portando alla formazione di un plasma, le cui caratteristiche possono essere controllate calibrando opportunamente l’intensità del laser e le caratteristiche del bersaglio al fine di riprodurre il più accuratamente possibile l’ambiente stellare.

Ad oggi, sono presenti misure di sezioni d’urto per processi di fusione con elementi neutri, e un’unica misura in ambiente di plasma (Lattuada et al., Phys. Rev. C 93, 045808 (2016)). Quest’ultima, pur producendo una reaction rate sistematicamente inferiore rispetto alle prime (black markers – figura seguente), risulta tuttavia compatibile con esse all’interno delle incertezze sperimentali. È dunque necessario pianificare una campagna di misure che permetta di raccogliere una statistica sufficiente per stimare significativamente la presenza di un effetto nel processo di fusione dovuto allo screening elettronico.

 

Per quanto riguarda lo studio della variazione delle vite medie per decadimento beta nel plasma, prime osservazioni sono state effettuate presso gli anelli di accumulazione, ad esempio per il 163Dy66+ ( Jung et al., First observation of bound-state β− decay, Phys. Rev. Lett. 69, 1992), per il 187Re75+ (F. Bosch at al., Observation of Bound-State β− Decay of Fully Ionized 187Re: 187Re−187Os Cosmochronometry, Phys. Rev. Lett. 77, 1996) e per il 140Pr58+ (Y. Litvinov et al., Measurement of the b+ and orbital electron capture decay rates in fully ionized, hydrogen-like and helium-like 140Pr Ions Phys. Rev. Lett. 99, 2007, 262501), constatando l’instaurarsi di un comportamento radioattivo nel primo caso (il Dy è stabile in forma neutra) e l’abbassamento della vita media di fattori significativi (9 ordini di grandezza nel caso del Re) negli altri due.

Al fine di estendere le misure precedenti stimando la modifica delle vite medie per decadimento beta in un ambiente di plasma, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare sta avviando un programma sperimentale attraverso l’esperimento PANDORA, volto alla misura del decadimento beta di isotopi di interesse astrofisico in un plasma prodotto attraverso il metodo della Electron Cyclotron Resonance. L’apparato è in fase di costruzione, e i primi dati sono attesi verso la fine del 2026.

Il presente progetto, pianificato in collaborazione con il gruppo sperimentale di PANDORA, si prefigge un’estensione del programma scientifico di PANDORA. In particolare, il progetto ambisce ad un’espansione del dominio termodinamico del plasma prodotto con il metodo ECR attraverso la realizzazione delle misure in un plasma prodotto da laser. Se nel primo, infatti, il bagno ionico rimane freddo – con temperature degli ioni dell’ordine di 1 eV – e non è possibile aspettarsi un Full Thermodynamical Equilibrium, nel secondo caso la maggior energia trasmessa al bersaglio dal laser può portare ad una termalizzazione del sistema ionico e al raggiungimento di temperature che possono portare al popolamento degli stati nucleari eccitati. Quest’ultimo scenario permetterebbe di studiare in modo più accurato le variazioni di decadimento beta in ambiente ionizzato, disaccoppiando gli effetti dovuti al sistema atomico da quelli nucleari.

Studio dei processi di fusione del deuterio in un plasma prodotto da laser.

Una prima campagna di misure verrà effettuata presso i Laboratori Nazionali di Frascati dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, utilizzando il laser di FLAME, che opera ad una potenza di 300 TW.

Esso verrà indirizzato su un bersaglio di deuterio gassoso mantenuto in condizioni termodinamiche controllate. In particolare, in opportune configurazioni di pressione e temperatura il gas di D2 si organizza in cluster, e questa configurazione massimizza l’assorbimento dell’energia trasmessa dal laser e il conseguente regime di repulsione Coulombiana indotto dalla totale ionizzazione dei deuteri, che si ritrovano privati degli elettroni e risentono, dunque, di un’immediata repulsione elettrostatica ad opera degli altri ioni. Questo regime porta ad un’accelerazione degli ioni tale da consentire il superamento della barriera di Gamow e l’instaurarsi dei processi di fusione.

Al fine di identificare un sistema di rivelazione ottimizzato per la ricostruzione dei processi di fusione, sono necessari alcuni passaggi preliminari, che costituiranno l’attività del prossimo triennio:

  • Caratterizzazione del bersaglio gassoso attraverso misure preliminari a FLAME
  • Progettazione di un sistema di rivelazione per l’identificazione di ioni e di neutroni
  • Stima dell’effetto dell’impulso elettromagnetico sull’apparato sperimentale e identificazione di strumentazione adatta ad operazioni in ambiente laser
  • Caratterizzazione dei rivelatori

 

Studio dei decadimenti beta in un plasma prodotto da laser

La definizione di un programma scientifico volto alla misura di vite medie per decadimento beta in un plasma prodotto da laser costituisce un’iniziativa nuova nell’ambito della fisica nucleare e richiede quindi una fase preliminare volta a realizzare uno studio di fattibilità.

Da una parte, è necessario impostare uno studio basato su simulazioni che permetta di caratterizzare il plasma prodotto da laser in termini di regimi termodinamici instaurati, durata dello stato ionizzato e riproducibilità dello stesso. In secondo luogo, alla luce dello studio di apparati di misura adatti ad operare in ambiente laser portato avanti per la misura descritta nel paragrafo precedente, verranno identificate potenziali criticità sperimentali e verranno studiate possibili configurazioni che permettano di misurare i prodotti di decadimento volti a identificare il processo beta

Silvia Pisano (Responsabile)

 

Questa metodologia è ufficialmente usata da:

European Commission – Joint Research Center di Siviglia: collaborazione con A. Tacchella, E. Pugliese, L.Napolitano, gruppo Complexity. (https://publications.jrc.ec.europa.eu/repository/handle/JRC124939)

IFC – World Bank: collaborazione con M. Cader

Altre collaborazioni scientifiche includono:

SonyLab – Parigi e Roma: collaborazione con tutto il gruppo CSL diretto da V. Loreto
CNEL: Prof. Tiziano Treu
ISC – CNR

Collaborazione con Università
Questo progetto si sviluppa in forte sinergia con le università, in particolare con l’Università Sapienza di Roma, il personale del Dipartimento di Fisica e con l’Università Tor Vergata.

Oltre alle attività di ricerca, il progetto prevede la condivisione dei risultati con la comunità scientifica e il pubblico. Sono in programma annualmente la Economic Fitness and Complexity Spring School e giornate di studio al CREF, aperte ad accademici e alla società civile. Sono inoltre previste sessioni parallele a conferenze internazionali e iniziative di divulgazione, come “La Notte dei Ricercatori” e la “Maker Faire di Roma”. Infine, i risultati delle ricerche scientifiche del gruppo sono condivisi sui canali social dell’Ente e sui siti dei progetti di ricerca.

Questo approccio articolato e multidisciplinare posiziona il gruppo di Economic Fitness come un attore chiave nella comprensione e previsione delle dinamiche economiche e sociali complesse.