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In che modo le persone discutono su Twitter? È possibile rintracciare delle costanti nel modo di interagire degli utenti? Possiamo capire come si diffondono le informazioni?
In questo articolo, pubblicato su Nature, un gruppo di ricerca di CREF, CNR, Scuola IMT Alti Studi Lucca, Università di Venezia e Universitat Rovira i Virgili di Terragona, ha preso in esame le modalità di comunicazione su Twitter, cercando di rintracciare pattern ricorrenti nel modo in cui gli utenti interagiscono online.
Negli ultimi dieci anni, i social network hanno avuto un ruolo determinante nel dibattito politico online e spesso rappresentano lo strumento più utilizzato sia dai cittadini per avere notizie e formarsi un’opinione, che dai partiti politici per condurre le proprie campagne elettorali. L’ambiente dei social online appare sempre più polarizzato tra opinioni opposte, e l’origine di questa polarizzazione ha a che fare con precise dinamiche di interazione e diffusione delle notizie. La letteratura scientifica ha fatto emergere in più occasioni i concetti di esposizione selettiva, confirmation bias, echo chambers e filter bubbles. Di fatto le persone preferiscono le informazioni che confermano i propri valori e le opinioni pre-esistenti, e questo finisce con esporre gli utenti solo a notizie e interazioni che confermano le loro credenze.
Mattia Mattei, Manuel Pratelli, Guido Caldarelli, Marinella Petrocchi e Fabio Saracco hanno cercato dei pattern ricorrenti all’interno delle comunità discorsive, ovvero i gruppi di utenti che su Twitter interagiscono tramite follow, commenti e retweet su un dato argomento.
“Abbiamo visto che quando il dibattito è su temi politici o sociali” ha dichiarato Fabio Saracco del CREF “ le comunità discorsive hanno una struttura bow-tie, tipica della struttura del World Wide Web. Attraverso metodi di analisi a massima entropia, inoltre, emerge che queste strutture sono statisticamente significative, ovvero non sono assolutamente random”.
La struttura dei settori della bow-tie (IN, OUT and SCC) è tale che in presenza di disinformazione, il flusso che si crea fomenta la diffusione di fonti poco credibili, creando quella che viene chiamata dal WHO infodemia, ovvero un’eccessiva disponibilità di fonti di informazione con una forte presenza di contenuti di bassa credibilità, con il risultato di rendere difficile distinguere cosa è vero da cosa no.
Per ora il gruppo di ricerca ha analizzato otto dataset in varie lingue e su diversi argomenti. Ma l’idea è di estendere l’analisi per verificare quando siano presenti queste strutture in altri contesti, e aggiungere ulteriore dettaglio all’analisi dei flussi tra i diversi settori della bow-tie.
Link all’articolo : https://doi.org/10.1038/s41598-022-16603-7
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