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Uno dei problemi principali nel settore agroalimentare, oggi, è riuscire a condurre analisi sulla tracciabilità e adulterazione dei prodotti in maniera estensiva e a costi contenuti. Uno studio condotto presso il Laboratorio di Fisica per i Beni Culturali del CREF ha permesso di individuare quattro benchmarks spettroscopici che permettono di discriminare cultivar, geo-tracciabilità, adulterazione, e ripetibilita’ agronimica su oli extravergine d’oliva, determinando con sicurezza se l’olio analizzato è italiano o no. Per lo studio è stata utilizzata una nuova metodologia che combina tecniche spettroscopiche e Machine Learning.
La ricerca è stata pubblicata sulla rivista internazionale ‘International Journal of Food Science & Technology (Wiley)’.
L’olio extra vergine di oliva (EVOO) è un alimento complesso altamente nutritivo la cui composizione dipende da una combinazione di fattori botanici, ambientali e antropogenici. È costituito principalmente da triacilgliceroli o trigliceridi (98–99 % in peso), da grassi liberi acidi (FFA) e digliceridi (MAG e DAG) e da un 2% di composti minoritari, quali i derivati degli acidi grassi, con riconosciute proprietà antitumorali. L’unicità e di conseguenza il valore economico del prodotto dipendono da una combinazione di diversi fattori. In primo luogo la tipologia delle cultivar, – solo in Italia esistono circa 500 varietà di cultivar, a loro volta diversificate in base alla regione in cui vengono coltivate – dalle pratiche agronomiche applicate e dalla metodologia di estrazione dell’olio. Possono poi esserci olii mono-cultivar o ottenuti da blend, ovvero di varietà di diversa provenienza.
In questo contesto processi quali adulterazione e tracciabilità botanica costituiscono problematiche aperte nel campo del Food Science.
In un recente studio svolto dalla ricercatrice Claudia Scatigno (CREF) sotto la guida scientifica di Giulia Festa (responsabile del laboratorio di Fisica per i Beni Culturali del CREF) pubblicato su International Journal of Food Science & Technology (Wiley) è stata mostrata una nuova metodologia che combina tecniche spettroscopiche e Machine Learning per l’identificazione di benchmarks per la discriminazione delle cultivar, geo-tracciabilità, adulterazioni, e la ripetibilità agronomica nell’Olio Extravergine di Oliva Italiano.
Le due ricercatrici hanno esaminato olii provenienti da sei regioni italiane, eseguendo analisi spettroscopiche e utilizzando modelli di Machine Learning per estrarre delle similarità.
Per l’analisi dei campioni di olio è stata utilizzata la spettroscopia infrarossa in trasformata di Fourier (FTIR), che permette di leggere i dati come una funzione continua. Sono state poi applicate tecniche di Machine Learning ai dati spettroscopici per discriminare e identificare benchmark spettrali che hanno permesso di classificare l’EVOO italiano attraverso specifiche vibrazioni molecolari distintive della regione/terreno di coltivazione. Le ricercatrici hanno identificato in particolare quattro benchmark che permettono di identificare un olio come italiano.
“È possibile individuare un numero limitato di vibrazioni spettroscopiche che caratterizzano un materiale, pur complesso, quale l’Olio Extra Vergine italiano. Grazie ai produttori locali, che ci hanno fornito i campioni essenziali per lo svolgimento dello studio, siamo riuscite ad avere una grande quantità di dati. Abbiamo poi usato dei modelli di Machine Learning per estrarre i benchmarks che risultano distintivi della regione/terreno di coltivazione, del particolare cultivar e di eventuali adulterazioni.”, dichiara Claudia Scatigno del CREF.
Un aspetto significativo della ricerca è che la metodologia è stata applicata senza necessità di reagenti e processi di esterificazione, e considerando l’intero spettro FTIR senza la preselezione di determinati ranges spettrali.
Questo vuol dire una procedura che ha tutte le potenzialità per essere utilizzata come metodo di screening nell’industria alimentare, dove è essenziale ottenere la valutazione di parametri di qualità in maniera rapida e a basso costo.
“Il lavoro presenta un alto potenziale di innovatività”, conclude Giulia Festa. “in quanto si tratta del primo studio in questa direzione ed ottime prospettive sia nell’ambito del Food Science che per future applicazioni ai Beni Culturali, in particolare riguardo a leganti utilizzati in pittura”.
Contatto: claudia.scatigno@cref.it
La ricerca è stata pubblicata sulla rivista internazionale ‘International Journal of Food Science & Technology (Wiley)’.
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