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Le tempeste solari osservate da EEE

Ricorderemo a lungo l’eccezionale tempesta solare del 10 maggio scorso, che ha acceso di rosso fiammeggiante i cieli italiani per un fenomeno, non direttamente collegato all’ingresso di particelle solari dai poli del campo magnetico terrestre (quindi non di aurora boreale vera e propria alle nostre latitudini), bensì collegato all’intensificarsi delle correnti di van Allen intorno all’equatore. Solo due mesi prima, il 24 marzo 2024, un’altra tempesta solare aveva raggiunto la Terra, provocando forti disturbi radio e generando quella volta delle bellissime aurore boreali.

Lo straordinario fenomeno è stato visto anche dai telescopi del Progetto EEE, i cui telescopi misurano il flusso di muoni, generati da raggi cosmici provenienti dallo spazio, che raggiungono la superficie terrestre. Le particelle cosmiche, principalmente protoni, avvicinandosi alla Terra sono deflesse dal campo magnetico del nostro pianeta. Alcune di esse riescono a penetrare e interagiscono con le molecole dell’alta atmosfera dando luogo a sciami di particelle, tra cui i muoni, che possono raggiungere la superficie.

Un grafico che mostra gli improvvisi e temporanei cali nel flusso di muoni misurati dai tre telescopi, il cosiddetto effetto Forbush

Durante una tempesta solare, il Sole emette grandi quantità di plasma dalla sua corona, particelle cariche che interagiscono con i campi magnetici planetari e possono raggiungere la Terra entro pochi giorni. Uno degli effetti che possiamo notare da Terra è che il vento solare rinforza l’effetto di schermatura, impedendo ai raggi cosmici di raggiungere l’atmosfera terrestre. Il conseguente calo nel flusso di muoni misurato a terra è noto come effetto Forbush, dal nome di Scott Forbush, un fisico statunitense che studiò i raggi cosmici a metà del XX secolo.

Anche i tre telescopi di EEE, denonimati POLA-R, installati nel 2019 nella base di ricerca artica di Ny Alesund alle Svalbard (79°di latitudine Nord), hanno osservato chiaramente entrambi i fenomeni. I tre telescopi per muoni, anch’essi costruiti dagli studenti, si basano su una tecnologia diversa da quella dei telescopi scolastici: sono costituiti da due piani di materiale scintillante accoppiato a fotomoltiplicatori al silicio (SiPM).

 

Una fotografia del telescopio POLA-R

Solo poche settimane fa, un gruppo di ricercatori di EEE si è recato alle Svalbard ospitati presso la base Dirigibile Italia dell’Istituto di Scienze Polari del  CNR, per effettuare un intervento di manutenzione ai telescopi, e garantire la continuazione delle operazioni.

I dati acquisiti sono attualmente oggetto delle analisi da parte dei ricercatori della Collaborazione EEE: misure a queste latitudini sono molto rare e la lunghezza delle serie temporali (cinque anni) permette interessanti studi sulle periodicità, che possono rivelare la natura delle sorgenti di raggi cosmici.

 

Immagine di copertina: I siti di installazione a Ny Ålesund

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