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Durante un seminario tenutosi nel 1958, Giulio Racah, noto fisico fiorentino, ricordò l’episodio chiave che portò alla costruzione di un primo calcolatore elettronico. Il protagonista di quel racconto era Enrico Fermi. Nel 1954, durante un corso di fisica internazionale tenutosi a Varenna, tre eminenti fisici italiani, Gilberto Bernardini, Marcello Conversi e Giorgio Salvini, discutendo con Fermi, gli chiesero consiglio su come investire al meglio, ai fini della ricerca, una cospicua somma pari a 2,2 milioni di euro di oggi.
La risposta di Fermi, ufficializzata successivamente anche al rettore, fu: “Fate un calcolatore elettronico”. Da quel suggerimento nacque la CEP, calcolatrice elettronica pisana. Fu una scelta che si rivelò di notevole importanza per lo sviluppo della ricerca scientifica italiana.
I primi calcolatori elettronici moderni risalgono alla fine degli anni ’40, frutto della ricerca inglese e statunitense. In Italia solo nel 1954 furono acquistati i primi due calcolatori di produzione estera: a Milano dal Politecnico e a Roma dall’Istituto Nazionale per le Applicazioni del Calcolo.
Nello stesso anno anche a Pisa, data la disponibilità di un rilevante contributo finanziario da parte delle province e i comuni di Pisa, Livorno e Lucca, grazie al consiglio di Fermi, iniziò l’impresa di progettare e costruire una macchina calcolatrice.
Quella di costruirla, più che una scelta, fu una necessità perché somma di cui disponeva l’Università di Pisa era consistente ma non a tal punto da permettere l’acquisto di una moderna calcolatrice elettronica per ricerche scientifiche. L’idea infusa da Fermi nell’importanza di possedere un calcolatore elettronico e la motivazione dei fisici pisani portò alla prima macchina di questo tipo di fattura italiana. A questo scopo fu richiesta anche la collaborazione di altri enti di ricerca e di aziende, trovando il supporto dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e della Società Olivetti.
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